Con l’uscita nelle sale italiane del film DIANA, mi sembra doveroso ricordare una delle donne che maggiormente hanno segnato lo stile e la moda tra gli anni 80 e 90: Lady Diana Spencer, Pricipessa del Galles.
Era la mattina del 1° settembre 1997 ed ero appena arrivato a Tokyo per il lancio di un celebre marchio del make up made in Italy: avevo passato la notte in volo per cui non potevo sapere del disastro accaduto nelle ore precedenti. Giunto in albergo, nella hall era disponibile il comunicato stampa in cui si annunciava la morte della Principessa… ricordo che corsi subito in camera per sentire un notiziario qualsiasi che mi confermasse quello che speravo, e cioè che si trattasse solo di uno scherzo di cattivo gusto. E invece no: era tristemente una realtà.
In quegli anni Lady Diana era la donna in assoluto più fotografata e guardata del mondo: qualunque scelta per la sua immagine che lei gestiva personalmente con assoluta maestria e grande senso pratico, veniva guardata, analizzata, criticata e copiata in tutto il mondo.
Tutto cominciò il 29 luglio 1981 nella St Paul Cathedral dove, a soli venti anni e pochi giorni, divenne l’erede al trono della monarchia più ingombrante d’Europa e, al tempo stesso, una delle donne più seguite e inseguite del mondo con un matrimonio che strappò il titolo di “matrimonio del secolo” a quello tra Grace Kelly e Ranieri.
Lei, Diana, rappresentava ciò di cui l’Inghilterra e il mondo intero avevano bisogno: da una parte una sposa giovane, aristocratica e vergine e dall’altra una ragazza tutto sommato semplice che diventa principessa coronando il suo sogno d’amore. Ma già da quel giorno i segnali che tutto questo fosse troppo per lei erano forti: all’interno dell’abito da sposa l’allora ancora Lady Diana Spencer appariva spaesata, persa, soffocata dalle 10 sottogonne e dagli innumerevoli metri di taffetà e pizzo antico con i quali era stato confezionato l’abito ma, soprattutto, era evidentemente troppo piccola per sostenere il “peso” di quei 7 metri di velo che infatti non si stese mai alla perfezione durante la cerimonia, e neanche dopo. Un peso messole addosso solo per simboleggiare la forza e l’opulenza di una corte che stava rischiando il tracollo e che, in quel matrimonio, riponeva le ultime speranze di una altrimenti rischiosa sopravvivenza. Cosa accadde dopo è storia ed è inutile raccontarla nuovamente: delle visite ufficiali in accompagnata solitudine alle dichiarazioni fino alle interviste di lei sappiamo tutto. Nessun aspetto è stato mantenuto segreto o privato e questo grazie anche alla sua incredibile capacità di comunicare. Donna di grande intelligenza e carisma, Diana ha saputo gestire al meglio la sua immagine pubblica, diventando lei stessa un modello da imitare. Da ragazza fuori moda e timida al punto da risultare addirittura impacciata, Diana pian piano si trasformò in una donna elegante, sofisticata, glamour.
Se agli esordi della scena pubblica la divisa d’ordinanza era uno stile “antico” fatto di abiti senza personalità, volumi improbabili (gonne a palloncino e spalle con maniche rigonfie) e fantasie datate, dopo il matrimonio lo stile si fa sempre più asciutto e sofisticato grazie anche alla preziosa consulenza che la Principessa richiese dallo staff di Vogue UK. Da lì a poco Lady Diana sarebbe stata incoronata una delle donne più affascinanti ed eleganti di tutti i tempi. All’inizio, per motivi di propaganda nazionale, il suo look era affidato agli stilisti più tradizionali del Regno (Walker, Oldfield, Sasson, Arabella, Azagury) che la vestivano secondo i canoni che il gusto tradizionale della famiglia esigeva, quindi scarpe basse, abiti floreali o in tinte pastello, abiti in tweed o tartan, pochi accessori e poco trucco sul viso: unico guizzo concesso i gioielli della corona sfoggiati in bella mostra a mo’ di marchio di fabbrica: da sempre la pubblicità è l’anima del commercio e quale testimonial migliore di una brava moglie di buona famiglia.
Ma con il passare del tempo Diana diventa sempre più padrona della scena pubblica e, da semplice comprimaria oscurata dal marito Carlo, diventa lei stessa protagonista finendo per catalizzare su di sè tutta l’attenzione in ogni uscita ufficiale. E questo grazie anche ad una brillante capacità di utilizzare la sua immagine: aveva infatti capito che nel mondo che stava vivendo, l’immagine non era solo apparenza ma, come disse di lei John Galliano, un modo per raccontare qualcosa di sé anche stando in silenzio. Sapeva usare la moda come linguaggio.
Ed allora diventano indimenticabili alcuni abiti come quello di Victor Edelstein (stilista inglese considerato l’Oscar de la Renta del Regno Unito) con il quale ha magistralmente ballato con John Travolta alla Casa Bianca, o il suggestivo abito da sera di seta color perla realizzato per una visita di stato in oriente dalla stilista inglese Catherin Walker battuto poi ad un’asta di beneficenza per più di 80.000 sterline.
Ma Diana non si ferma qui: consapevole che il mondo la guarda decide di utilizzare il suo look come una personale forma di diplomazia e, nelle visite ufficiali all’estero, abbandona gli stilisti del Regno preferendo a loro creatori locali: ecco che allora la vediamo vestita Chanel a Parigi, Escada in Germania, Versace in Italia….
Ma come per ogni donna che si rispetti, anche per Diana furono gli eventi personali a segnare delle svolte definitive nella sua vita e nel suo look. E così, la definitiva trasformazione da brutto anantroccolo in cigno la osserviamo a seguito della separazione dal marito Carlo. Annunciata nel ’92, vede nel ‘96 l’avverarsi del primo divorzio in casa Reale, con conseguente negazione del titolo di Altezza Reale a Diana. Ma questo non ferma la sua popolarità che, anzi, diventa sempre più difficile da gestire da Buckingam Palace. E’ in questo momento che vediamo una Diana sempre più femminile e attenta alla linea, che indossa tacchi alti e abiti decisamente più modaioli e che si presenta con nuovi tagli di capelli ed il trucco più evidente; la vediamo e la ammiriamo indossare il rosso dei tubini Valentino e Lacroix, un affascinate abito da gran sera blu firmato Dior con il quale si presenta al MoMA nel ‘95 così come uno stilosissimo tailleur rosa di Versace per una visita all’esercito britannico nel ’96, stilista anche che nello stesso anno sceglie anche per vestire la sera in una visita a Sidney optando per un asimmetrico colo acquamarina.
Una donna bella elegante e piena di charme che rispettava, sia nel pubblico che nel privato, quel gusto innato per l’eleganza e la raffinatezza che le valgono senza il minimo dubbio l’appellativo di icona di stile. Un appellativo che va oltre il tempo e oltre la moda, anche per quella candela nel vento che, come canta l’amico Elton John, si è spenta troppo presto.
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