Una dedica speciale a un figlio, un libro che riscuote ancora grande interesse e invita a riflettere.
La storia vera di un ragazzo che non vedeva per sé un futuro, raccontata dal padre. Nel 2014, a Milano, il figlio ventunenne dell’autore si toglie la vita. Il racconto, con l’obiettivo dichiarato di onorare la memoria del ragazzo, e che può aiutare altri genitori a capire e a orientarsi, analizza le cause di un disagio giovanile che nei casi estremi induce fino al suicidio, attraverso frammenti della breve vita del giovane che si mescolano a momenti di vita del presente di suo padre. Le colonne portanti del romanzo sono l’identità di genere e il disagio giovanile che porta all’autodistruzione. Giuseppe, carattere molto chiuso e introverso, spinto all’isolamento volontario dell’hikikomori, è stato un ragazzo tormentato come tanti giovani di questo tempo, con enormi dubbi sulla sua identità, al punto di diventare a volte un’altra persona, Noemi; bipolarità e auto-isolamento lo hanno indotto a non vedere per lui un futuro e a farla finita. Un libro per genitori, insegnanti, psicologi, educatori, giovani lettori dalle scuole medie in su e, singolarità dell’opera, anche nonne, vista l’intimità che Giuseppe aveva con quella materna.
Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli
Marco Termenana
CSA Editrice, 2021 – 386 pagine
Ancora allori per il libro di Marco Termenana,”Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” dibattuto presso il “Centro Sociale” di Bedizzole, Brescia, in occasione della serata dedicatagli ieri, venerdì 15 marzo, dal Comitato “Genitori IC BEDIZZOLE – OdV”.
Anche questa volta, in sala tutto esaurito.
Asciutta e calibrata l’introduzione dell’Assessore ai Servizi Sociali – Istruzione – Pari Opportunità Graziella Vedovello all’apertura.
Ben coordinati i due relatori Gianfranco Bergamaschi educatore della Cooperativa La Nuvola nel sacco e Cristina Torli, educatrice alla scuola materna Zinelli Perdoni di Padenghe sul Garda, che, attraverso delle riflessioni e delle domande incrociate all’autore, hanno facilitato l’interlocuzione con il pubblico.
Il dibattito, pieno e ben spaziato, è stato subito innescato dal suo racconto, che, per niente frenato dai fatti narrati benché la loro particolarità, ha coinvolto subito prima l’attenzione e poi la partecipazione dei presenti, attenti e rispettosi a conoscere il dolore della famiglia nei primi giorni successivi al suicidio di Giuseppe, il figlio ventunenne (il primo di tre), fino alla pubblicazione del libro che gli ha dedicato “per ritrovare mio figlio e provare a compensare almeno un po’ un dolore insostenibile ed inenarrabile”.
Giusto per inciso: la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo perché la storia di Giuseppe è anche la storia di Noemi, alter ego femminile, entrambi immersi in un mortale isolamento, quello che oggi, adoperando un termine giapponese che letteralmente significa “stare in disparte” e che, purtroppo, si è tristemente molto diffuso anche nel mondo occidentale, si chiama hikikomori.
L’ Assessore ai Servizi Sociali Graziella Vedovello:
“Quello che mi è piaciuto di più della serata è stata la capacità di Marco Termenana di toccare dei temi così delicati con estrema naturalezza che hanno messo a proprio agio tutti quanti noi. Non ci sono stati dei punti che non mi sono piaciuti e anche quando ha detto, sempre con grande semplicità, che, pur accettando la situazione, non avrebbe mai regalato a Giuseppe Noemi una trousse di trucco, ha intenerito e fatto sorridere tutti quanti noi”.
L’educatrice Cristina Torli:
“Attraverso il racconto di queste esperienze si può aiutare molto a fare rete tra i tre soggetti fondamentali per i nostri ragazzi: genitori, educatori e servizi sociali”.
Marco Termenana:
“Non voglio apparire come i personaggi dei fumetti che vincono in tutti gli episodi, ma è difficile non riconoscere che la storia che racconto è stata apprezzata anche qui per l’ennesima volta. Soprattutto la testimonianza. E quindi sono contento di come sia andata la serata. Mi colpisce molto poi come un uomo del profondo Sud quale sono, riesca ad entrare subito e velocemente in sintonia con una platea del profondo Nord e questa è la prova provata che, quando si parla di certi argomenti, non esistono campanili e o confini geografici. Non mi stancherò mai di dire che solo in questo modo, cioè, portando in giro per l’Italia la mia esperienza di “testimone involontario” ai genitori, ai figli ed anche a chi non è né l’uno né l’altro ma desidera confrontarsi lo stesso con la mia esperienza, posso creare valore aggiunto e credo che solo così possa dare un po’ di senso all’inutile e stupida morte di Giuseppe e quindi un po’ lenire il mio grande dolore di padre.”
L’autore è contattabile attraverso la sua pagina Facebook “Marco Termenana”
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