Dal 31 marzo, nelle sale italiane, il film FULL TIME AL CENTO PER CENTO.
I WONDER PICTURES E UNIPOL BIOGRAFILM COLLECTION
Titolo originale: À plein temps Regia di Éric Gravel Con Laure Calamy (Francia,2021, 87’)
CAST:
Julie Laure CALAMY
Sylvie Anne SUAREZ
Mme Lusigny Geneviève MNICH
Nolan Nolan ARIZMENDI
Chloé Sasha LEMAITRE CREMASCHI
Vincent Cyril GUEI
Madame Delacroix Lucie GALLO
Sophie Agathe DRONNE
Lydia Mathile WEIL
TRAMA
Julie fa di tutto per crescere i suoi due figli in campagna e mantenere il suo lavoro in un hotel di lusso parigino. Quando finalmente ottiene un colloquio di lavoro per una posizione ambita da tempo, scoppia uno sciopero nazionale che paralizza il sistema dei trasporti pubblici. Il fragile equilibrio che Julie ha creato è messo in pericolo. Così decide di lanciarsi in una frenetica corsa contro il tempo, con il rischio di inciampare. Premiato alla 78 edizione della Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti per la Miglior regia e la Miglior interpretazione femminile di Laure Calamy (già protagonista della serie “Chiami il mio agente!”).
INTERVISTA CON ÉRIC GRAVEL
Full Time inizia con un rumore, il respiro della tua protagonista Julie, mentre dorme… L’idea era quella di rivelare il personaggio gradualmente, da una prospettiva intima, in modo macroscopico, sensoriale, con questo respiro profondo che ci avvolge, facendoci capire che saremo al suo fianco per tutto il film. Estremamente vicini al suo respiro, alla grana della sua pelle. Inoltre, è un momento di calma prima della tempesta. Infatti, Full Time è come una lunga spinta in avanti e la prima scena precede il movimento costante che ne consegue. Siamo praticamente nell’unico momento in cui Julie è a riposo, in quell’unico e transitorio momento in cui può ricaricare le sue batterie. Dopo non ci sarà più alcuna tregua. Attraverso la lente di questa donna, sola con i suoi figli, sollevo la questione del ritmo delle nostre vite e delle nostre lotte quotidiane. Proprio come Julie, io vivo in campagna. Volevo parlare dei miei vicini, delle persone che vedo ogni giorno sul treno e che si ostinano a voler vivere lontano dalla capitale per avere una migliore qualità di vita. È un equilibrio difficile da raggiungere e non tutti riescono a trovare il modo di farlo funzionare. Hai scritto Full Time pensando specificamente a Laure Calamy? Mentre scrivevo la sceneggiatura, non avevo in mente un’attrice specifica. Ma quando ho iniziato a pensare a possibili scelte, Laure mi è subito sembrata perfetta. È un’attrice eccezionale, la sua gamma di interpretazioni è incredibilmente ampia; che si tratti di un registro tragico o comico, lei eccelle. La scintilla che Laure infonde sempre nei suoi ruoli ha portato un equilibrio a Julie, mantenendo la brillante compostezza del personaggio nonostante il difficile periodo che sta attraversando. Il fatto è che sappiamo molto poco della vita di questa donna, tranne il suo presente, eppure pensa incessantemente a come far funzionare le cose da un giorno all’altro. Inoltre, Laure è un’attrice e una donna piena di vita, il che ha reso interessante per me metterla nei panni di questa donna che sta attraversando un capitolo piuttosto caotico della sua vita, che gli americani riassumono 4 nell’espressione “la tempesta perfetta” – cioè quando ti imbatti in tutti i problemi possibili e immaginabili allo stesso tempo e devi trovare il modo di risolvere tutto. Il contesto professionale è abbastanza importante nel tuo film. Come ti è capitato di scegliere il lavoro di governante di un hotel di lusso? Volevo che la mia protagonista avesse un lavoro che fosse fisico; volevo che Julie fosse in servizio, una forma di occupazione dove le cose non si fermano mai, anche quando c’è uno sciopero nazionale. E poi, mi interessava anche l’idea della ripetitività nella vita di tutti i giorni, dovendo ripetere all’infinito gli stessi gesti al lavoro e a casa, come in un moto perpetuo. Questo lavoro mi permette di mostrare quanto Julie sia attaccata alla performance e alla perfezione. La posizione di capo cameriera in un hotel di lusso non è semplice. Ci sono competenze e conoscenze specifiche, compiti e gesti precisi, codici da rispettare. Il risultato deve essere perfetto, il lavoro impeccabile. Mentre stavamo preparando il film, Laure e alcune altre attrici hanno partecipato a una sessione di formazione per le pulizie con veri addetti alle camere, che spiegavano e descrivevano i gesti passo dopo passo. Ricordo una dimostrazione pratica durante la quale hanno rifatto perfettamente un letto in pochi minuti e noi le abbiamo applaudite. Era come guardare una coreografia. E queste donne erano appassionate di un lavoro ben fatto. Il contesto sociale in cui è ambientato il film è essenziale… Sì, Full Time si svolge durante un enorme sciopero nazionale diffuso in tutti i settori. Tutto comincia a crollare ovunque, a immagine e somiglianza di ciò che succede alla mia protagonista. Volevo che le lotte individuali e collettive seguissero percorsi paralleli per farci capire gradualmente che sono collegate, che raccontano la stessa storia, che una è la conseguenza dell’altra. Appartiene a una categoria di lavoratori che sono i più vulnerabili, per i quali scioperare o avere una qualsiasi forma di rappresentanza è praticamente impossibile. Mi sono ricordato di come, durante lo sciopero a Parigi nel 1995, ero rimasto molto colpito dal modo in cui le persone che vivevano dentro e fuori Parigi mostravano grande solidarietà e trovavano modi alternativi per muoversi – camminando, facendo l’autostop, aiutandosi a vicenda. Volevo mostrare questa atmosfera che mescolava lotte quotidiane e grande solidarietà. Casualmente, mentre scrivevo la sceneggiatura, sono iniziate le proteste dei gilet gialli. Nella regione di Sens, in Borgogna, dove vivo, ho visto le prime rotonde occupate. Sentivo che le cose non erano giuste e che il loro movimento aveva un senso – e questo 5 movimento comprendeva molte donne che erano madri single e non avevano una rappresentanza ufficiale e organizzata. Non ero sorpreso di vederle lì. Full Time gioca anche con il ritmo del giorno e soprattutto con quello della notte. La mia storia doveva svolgersi in autunno o all’inizio dell’inverno, quel momento dell’anno in cui si è nel pieno del lavoro, le vacanze estive sono lontane e le notti si allungano. Vivere lontano dal posto di lavoro significa uscire presto e tornare a casa tardi. Stabilire le partenze e i ritorni a casa di Julie quando fuori è buio mi ha permesso di trasmettere le lunghissime giornate, di affrontare i problemi logistici della cura dei bambini e i lati negativi della vita in campagna. Questo rapporto con il tempo mi ha anche dato la possibilità di far sorgere e tramontare il sole nei trasporti pubblici, strutturando così facilmente delle giornate che si succedono ad un ritmo sempre più veloce, senza perdere il filo della storia. La musica ha un ruolo importante nel tuo film, trasmettendo un particolare tipo di tensione… Full Time è un film sensoriale. Attraverso la creazione di un sottofondo musicale che riecheggia la stressante vita quotidiana di Julie, ci avviciniamo ad un film di genere. Sapevo fin dalla fase di scrittura che volevo una colonna sonora electro, il cui ritmo ripetitivo avrebbe rispecchiato le pulsazioni interiori del personaggio, il ritmo e la ripetitività della sua vita. È come la sua musica interiore, un susseguirsi di onde che ci trasportano nella sua esperienza. Volevo davvero lavorare con un artista della scena musicale elettronica che portasse la propria firma sonora al mix e la musica di Irène Drésel porta intrinsecamente questa tonalità. All’inizio ho montato il film senza la colonna sonora, seguendo solo il ritmo del personaggio. In questo modo, Irène si è ritrovata con una pagina bianca su cui lavorare, senza che io imponessi un tono di alcun tipo, dandole la libertà di orchestrare il suo suono caratteristico, in modo abbastanza organico, come farebbe per un concerto. Da questo processo è emersa una vera collaborazione, che ha creato una sensazione, una continuità musicale che si è riverberata in tutto il film. Nel modo in cui hai filmato e diretto, sei sempre estremamente vicino al tuo personaggio principale… Volevo che la macchina da presa fosse vivace, rilevando ogni movimento, sfrecciando e schivando, rappresentando così il suo stato d’animo. Volevo che fosse come in un film d’zione, volevo stare il 6 più vicino possibile a lei, con una grande libertà di movimento, dal più fluido al più brusco, sia nelle riprese a inseguimento che negli zoom. Ho spesso limitato il campo visivo a lei. In questo modo, tutto ciò che la circondava diventava materia sensoriale fuori dallo schermo. Ho anche usato abbastanza spesso lenti a focale lunga, soprattutto nei momenti in cui lei è in strada. Era un semplice mezzo per aggiungere densità alla città e rendere Parigi più ansiogena. Perché è così che Julie si sente ad essere in città, ricevendone immediatamente la sua violenza ogni volta che scende dal treno. Questo spiega anche perché desidera un’altra vita per i suoi figli. Vuole mantenere, indipendentemente dal costo per lei, il suo porto sicuro in un territorio più tranquillo dove il ritmo è meno disumano. Volevo che gli spettatori lo capissero senza giudicarla. Parigi è filmata in un modo piuttosto insolito, nitido e metallico nonostante sia essenzialmente una città “minerale”. In verità, l’ambiente urbano che ho filmato non è tipicamente parigino, avrebbe potuto essere di qualsiasi altra grande città. Mi sono ispirato al modo in cui New York veniva filmata in certi film degli anni ’70. Le tinte di Parigi sono in toni grigio-arancio, mentre la mia decisione è stata quella di renderle più fredde e crude, perché questo corrisponde bene allo stato d’animo in cui si trova Julie nel momento in cui mette piede in questo territorio ostile. Ho usato questo approccio visivo anche nelle sequenze che si svolgono nell’hotel di lusso. All’inizio, avevo intenzione di usare una più ampia varietà di colori, cambiando da una stanza all’altra, ma i toni freddi hanno finito per imporsi anche qui. Era un modo per spostare la percezione di questo luogo, che dovrebbe essere caldo e accogliente, per mostrarlo dalla prospettiva di chi ci lavora. Full Time consiste anche nel filmare un personaggio in costante movimento… È una guerriera. Per lei ogni mezzo è accettabile, il che a volte include piccoli aggiustamenti su alcune verità. Julie è un’eroina quotidiana e volevo mostrare tutte le sue sfaccettature. La vediamo con i suoi figli, i suoi colleghi, i suoi amici, al suo colloquio di lavoro. Ogni volta, non è sempre la stessa donna ed è la somma di queste donne che ci dice chi è davvero Julie. Ha i suoi difetti, può essere il suo peggior nemico e può essere tenace fino all’ostinazione. È forte e fallibile allo stesso tempo. Come attrice, Laure è molto fisica e si può sentire la sua esperienza sul palco nel modo in cui occupa lo spazio. Abbiamo lavorato costantemente insieme sul ritmo del suo movimento, ma non ci siamo limitati a questo perché il ritmo del film comprendeva molto di più. Infatti, il film ha in sé molte scene e il montaggio ha sfruttato molte ellissi e l’energia e la psicologia del personaggio sono rimaste coerenti tra le sequenze. A causa dei problemi che deve affrontare, Julie deve essere costantemente 7 un passo avanti, pianificando il futuro; proprio come un giocatore di scacchi, è sempre diverse mosse avanti.
CHI È ÉRIC GRAVEL
Éric Gravel è uno sceneggiatore e regista franco-canadese che vive in Francia da 20 anni. Ha realizzato molti cortometraggi nell’ambito del movimento cinematografico internazionale Kino prima di debuttare nel 2017 con il film francese Crash Test Aglaé. Full Time è il suo secondo lungometraggio.
CREW
Diretto da Éric Gravel
Scritto da Éric Gravel
Direttore artistico Thierry Lautout
Direttore della fotografia
Victor Seguin
Sound designer Rémi Chanaud
Sound editor Valérie Deloof
Sound mix Florent Lavallée
Musiche Irène Drésel
Casting Youna De Peretti
Primo assistente regista Lucile Jacques
Costumi Caroline Spieth
Editor Mathilde Van De Moortel
Production Manager Paul Sergent
Producer Raphaelle Delauche Nicolas Sanfaute
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