«In Italia il 27% delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) è effettuato da donne con precedente esperienza abortiva. La causa può essere ricondotta all’adozione di un metodo contraccettivo inappropriato o all’inadeguatezza del counselling ricevuto in occasione del precedente aborto, ma il dato è comunque allarmante» dice Vito Trojano, Presidente Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI). «Queste osservazioni hanno spinto AOGOI a dare vita a due indagini osservazionali che diano una fotografia di come gli ospedali italiani gestiscano le IVG e di come le donne percepiscano il percorso di counselling che viene loro proposto. Il nostro obiettivo finale è di creare nei centri che praticano la IVG un percorso a misura di donna, sensibilizzando gli operatori sull’importanza di garantire la dovuta attenzione alla contraccezione post-IVG offrendo alle donne un adeguato counselling dopo l’intervento», conclude Trojano.Tra il 2011 e il 2013 sono stati registrati in Italia 30.000 casi di aborti ripetuti ogni anno per una spesa, evitabile, tra i 117 e i 135 milioni di euro in tre anni. Da un’analisi condotta dall’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) in 70 dei più importanti ospedali italiani, nel 78% dei casi viene effettuato un percorso di counselling dopo l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e nel 60% dei centri viene prescritto immediatamente un contraccettivo e verificato il programma contraccettivo alla dimissione. “Non vanno dimenticati i costi psicologici e personali della donna che abortisce, legati alle perdite di giornate lavorative o di giorni scolastici, ai trasporti, alla logistica familiare, che a loro volta non sono certamente di poco significato», puntualizza Emilio Arisi, Presidente SMIC, Società Medica Italiana per la Contraccezione.
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